Notturno

A così breve distanza di me
asse e buio della mia gravitazione
faccio irruzione nella mente di chi sono
celebrando l’ascensione del sonno:
ecco la terra persa, notte
vento d’estate vieni
vento che mi sottrai e imporpori
e viene un notturno che si depone
come il palmo di un padre
ma dove vai ma dove
ma ‘ndolà vastu, ce fastu, tu, garibaldìn
tu così qualunque
avevi dieci anni leggeri
vele mosse dalla medesima brezza
avevi due mani un faccino
dieci dita per contare gli anni
e tutto un suolo, piumato di freschezza;
avevi di te
quanto bastava di te.

Pierluigi Cappello (Gemona del Friuli, 1967), da Dentro Gerico (Circolo Culturale di Meduno, 2002)


Le parole

Annodammo la nostra infanzia ai capelli delle nuvole
e non fu la pioggia, fummo la pioggia;

la mano dell’uomo ci sradicò dall’aria
e lungo i canyon della nostra pelle
attecchì il pensiero;

le nuvole furono scrittura,
la nostra voce un nodo sciolto,
noi da una parte, da un’altra parte il cielo.

Pierluigi Cappello (Gemona del Friuli, 1967), da Stato di quiete (Rizzoli, 2016)