è un’opera su un’opera come tutte le mie opere indeterminate / antologia, Nanni Balestrini
Pubblicato: 16 ottobre 2014 Archiviato in: Una poesia al giorno | Tags: Nanni Balestrini 1 Commentoè un’opera su un’opera come tutte le mie opere indeterminate
un gioco senza scopo un’assenza di finalità
non ho nessuna idea di come tutto questo avviene io non ho niente da dire
poiché tutto comunica già perché voler comunicare
il significato è l’uso
Nanni Balestrini (Milano, 1935), da Caosmogonia (Mondadori, 2010)
Questo testo è tratto dall’opera edita più recente di Nanni Balestrini, Caosmogonia, del 2010. Già la data di pubblicazione mette in evidenza un elemento fondamentale: che Nanni Balestrini abbia operato per più di cinquant’anni, relazionandosi, così, con tutti i drammi della storia e con tutti i cambiamenti che si sono succeduti a cavallo tra i due secoli. La poesia è tratta dalla sezione Empty Cage, in onore di John Cage, il compositore americano noto per i suoi esperimenti sonori. Sembra, infatti, che in questo testo Balestrini metta in pratica, nel linguaggio, quello che Cage faceva nella musica: la ricerca di sonorità che emergessero dal gioco combinatorio e di sovrapposizioni. Con uno stile freddo, da scrittura automatica, ci dice che la sua opera è quasi come un palinsesto, ovvero un’opera scritta su un’opera senza pretesa di completezza: indeterminata per l’appunto. Alcuni tratti che si potevano evincere dal Sasso appeso qui sono dichiarati palesemente: la scrittura come gioco e senza alcuna finalità. Perché nella poesia moderna non c’è finalità che tenga: non c’è scopo educativo o morale. La morale non la dà il poeta. Deve essere il lettore a trovarsi la propria. Perché il poeta scrive quasi automaticamente, senza idea di come avvenga il tutto, e senza avere nulla da dire. Il significato non è qualcosa di interno al testo (o alla storia), ma qualcosa che si viene a creare, strato dopo strato, a seconda dell’uso che si fa e del testo e del linguaggio e anche della storia.
(Luciano Mazziotta)
VIII. La signorina Richmond comincia a averne abbastanza di tutti questi cani / antologia, Nanni Balestrini
Pubblicato: 15 ottobre 2014 Archiviato in: Una poesia al giorno | Tags: Nanni Balestrini 2 commentiBasta cani
bisogna battere il cane finch’è caldo
bisogna dimenticare i cani
bisogna farla finita coi cani
coi cani che corrono
col cane in gola
col cane nel sacco
con la morte nel cane
cane di lettere
cane di mondo
cane di paglia
cani volete forse vivere in eterno
chi è senza cane scagli
chi ha demolito il cane
chi ha distrutto pezzo per pezzo il cane
chi ha svalorizzato il cane
dando via il cane
dandosi al cane
di notte tutti i cani sono neri
è il silenzio del cane
era bello come un cane
era il cane della situazione
era un vero cane quello
eravamo tutti cani per lui
finirà male quel cane
fino all’ultimo cane
gli leggeva in fondo al cane
ha amato un cane più della sua vita
ha un cane arido
ha un cane di ghiaccio
ha un cane di marmo
ha un cane di traverso
il cane batte sui vetri
il cane corre al tramonto
il cane ci ha messo la coda
il cane con gli stivali
il cane dei tempi
il cane del futuro
il cane è l’avvenire del cane
il cane è lo specchio del cane
il cane eterno
il cane giustifica i mezzi
il cane ha sempre ragione
il cane non si tocca
il cane non vive di solo pane
il cane quotidiano
il cane volge alla fine
il cane vuole la sua parte
la resurrezione del cane
le aprì tutto il suo cane
le rispose con un cenno del cane
lo guardava con la coda del cane
m’ha tolto il cane di bocca
mette troppo cane al fuoco
mettiamoci un cane sopra
mettiti il cane in pace
mi fa girare il cane
mi stringe il cane
mi spezza il cane
mi va via il cane
noi oggi dobbiamo reinventare il cane
non sei abbastanza cane con te stesso
non so più dove sbattere il cane
non tocco più un cane da due mesi
oggi mi sento abbastanza cane
osa ripeterlo se sei un cane
parla come un cane aperto
parole che vanno dritte al cane
passando da un cane all’altro
perdendo l’uso del cane
piegando il cane davanti all’evidenza
punto e cane
quattro cani vedono meglio di due
questo cane diventa un po’ monotono
questo cane è decisamente ossessivo
questo cane non lo aveva mai sfiorato
raccontò il suo cane a tutti
riacquistò l’uso del cane
scagliò il primo cane
se il cane non esistesse bisognerebbe inventarlo
sentirsi cane
sentirsi il cane di se stesso
sei abbastanza cane per capire queste cose
smettiamola di parlare ai cani
toccare il cane a qualcuno
tutti i cani finiscono male
tutti i cani vanno verso la rovina
tutti i delusi del cane
un bel cane
un cane appassionato
un cane che non avrà mai fine
un cane d’amore
un cane d’azione
un cane del popolo
un cane in scatola
un cane proibito
un cane tira l’altro
un ultimo cane
vuotare il cane
zitto e cane.
Nanni Balestrini (Milano, 1935), da Il ritorno della signorina Richmond. Terzo libro. 1984-1986 (Becco giallo, 1987)
Il testo in questione è tratto dal terzo libro dedicato da Balestrini a quella figura enigmatica, metà donna e metà uccello, che è la signorina Richmond. Si tratta di un personaggio e di un’opera che ha occupato il poeta per più di un ventennio. Se infatti le prime ballate sono del 1977, l’opera completa, ovvero Le avventure complete della signorina Richmond, uscirà solamente nel 1999.
In questa poesia viene attuata una delle pratiche più usuali di Nanni Balestrini, quella del saccheggiamento di parole, modi di dire, proverbi, luoghi comuni, riutilizzati ed inseriti in un contesto del tutto nuovo. In questo caso abbiamo una sorta di collage di espressioni proverbiali, all’interno delle quali la parola più importante, o quella tematica, viene, giocosamente sostituita con la parola “cane”. “Uomo di lettere” così diviene “Cane di lettere”, “Il pane quotidiano” diviene “Il cane quotidiano”, “Zitto e basta” diventa “Zitto e cane”, e così via. Il tutto conferisce alla poesia un andamento quasi da filastrocca, ma allo stesso tempo le continue anafore, ripetizioni e climax offrono al lettore un testo dal ritmo ossessivo: come se si trovasse dinnanzi ad una danza rapinosa che talvolta strappa il sorriso e talvolta provoca l’angoscia per la velocità con la quale si susseguono le immagini (e le parole).
(Luciano Mazziotta)