UN ALTRO OGGETTO DI SCENA

Posacenere rotondo
bianco come la spuma delle onde
azzurro come le barche
dei pescatori al largo nel sole
di giugno – tutte immagini perfette
da abbinare a lui, dietro abbronzato
e paziente come chi va per mare
così seducente nello schiacciare
il filtro con dita brune
che a poterle assaggiare – tutti
lo sanno – saprebbero di sale.

Giulia Rusconi (Venezia, 1984), da Atto unico (Valigie rosse, 2019)


SCENA

Di lei seduta si notano:
capelli castani raccolti, lunghe gambe
e quel modo un po’ manierato
di muovere i polsi quando parla.
Lui è piccolo magro seduto composto
dalla scena balzano fuori
gli occhi intelligentissimi scuri
che a volte in modo inaspettato
tutto il pubblico all’unisono come
una sola persona trattiene il fiato.
I due stanno a debita distanza
come la situazione richiede
e la stanza appare quasi normale
se non fosse che entrambi
senza rendersene conto parlando
si sporgono piano piano pianissimo
un poco l’uno verso l’altro
sopra il tavolo. Si raccolgono
sul legno che fatto in mille pezzi
basterebbe per una casettina
minuscola: un letto una cucina
e i due, vicini, proprio attaccati.
Ma la casa non si può costruire.
Allora accade così: proprio lì,
sullo spazio di legno fra gomito
e gomito di lui/lei, viene deposto
come un ente sacro il desiderio:
è invisibile, ma tutti proprio tutti
lo sanno che c’è, senza un perché,
è evidente come un mattino chiaro
come un gusto una mano
un pezzo di pane quando si ha fame.

Giulia Rusconi (Venezia, 1984), da Atto unico (Valigie rosse, 2019)