Lo sgombero

Riscuotiti al suono fesso
del citofono. Nell’avello
cieco dell’androne, penetrane
l’eco, l’arcano degli oscuri
allacciamenti. Afferra
il saliscendi della porta,
inverti il giro all’ultima
mandata. Fatti viva.

Altro è dire forte
e chiaro senza voce
il nostro nome, nella nostra
casa vuota, occhio per occhio
a cominciare dal letto,
buca d’obice, voragine d’alte
mura, nell’attimo
finale dello sgombro.

Giovanni Turra (Mestre, 1973), da Con fatica dire fame (La Vita Felice, 2014)


Tremo

Tremo.

E il suo anagramma esplode
nei luccichii del ghiaccio
come l’acqua sull’acqua cade.

Ingigantisce gennaio nei parcheggi

le auto coperte di brina sono i sarcofagi
per chi chiede al fuggire l’opaca
rifrangenza ai propri destini costretti
in mura trasparenti di vetro e silenzio.

Fabio Franzin (Milano, 1963), da Margini e rive (Città Nuova, 2012)