Dabar

Ogni parola è un passo.
Cambia nel dirsi e nell’ascolto
come una distanza
raggiunta con il corpo
e superata.
Fonda flessuosa luce le cresce dentro
se in alto
o nella misura dell’appoggio
più spazio riesce a separare
l’immagine dal nome.

E il nome pronunciato
è già percorso.
Non c’è certezza di un inizio
sul cammino.
L’origine ci sfugge
come l’istante
in cui tutta la lingua si dispiega
e il bambino
di colpo sa parlare.

Ogni parola è un balbettare
forte dell’inciampo
con cui il suono
l’invera mano a mano.

Nasce dal deserto e non lo lascia:
mentre lo attraversa
ne spinge il confine più lontano.
E nel silenzio si vede
riflessa, incinta di echi
come il profeta
che muore
carico di futuro
sulla soglia
della terra promessa.

Raffaela Fazio (Arezzo, 1971), da Midbar (Raffaelli, 2019)


Nella vita pare che tutto

Nella vita pare che tutto
vada restituito.
Il crollo del corpo
alla sua lievità
il dolce di un labbro
alla prima matrice
il fuoco guerriero
al fodero di pace
la bellezza (sempre)
all’alterità 
la verità di un’arte
all’insieme e l’insieme
alla più piccola parte.
Va riportata 
ogni prova di amore
al mistero
e lasciata 
fuori dall’inventario
una cosa soltanto
un fendente di gioia 
assoluta insolente
non necessaria.

Raffaela Fazio (Arezzo, 1971), da L’ultimo quarto del giorno (La Vita Felice, 2018)