Io ho visto soltanto cose

Io ho visto soltanto cose
che impietriscono e commuovono
come un perenne addio ai compagni.
La sofferenza obiettiva dell’animale;
le file di bambini di altra nazionalità
su un traghetto straniero andar via;
i verdi pianori dove appaiono le città incendiate
delle popolazioni ignote,
le fedeli agli dèi e fiduciose nell’uomo,
estinte come la piuma e il pelo;
le innumerevoli forze occulte, gelose dei loro possessi,
le terre gli alberi i fiumi
che si debbono continuamente propiziare con sacrifici
disperdere gli illusi della speranza di restar sempre uniti,
perché la patria è soltanto
un campo di tende in un deserto di sassi;
le parole immorali della società civile
baluginare anche negli occhi dell’amata
un attimo prima dell’amore e
la massa occulta e ostile dei tuoi pensieri
scivolarci nel mezzo, gravarmi addosso
come uno sconosciuto che si chinasse all’orecchio
e mi narrasse alcunché di incomprensibile,
per poi dormire e amare me;
la sempre presente stanza accanto
dove sotto lampadine purpuree qualcuno
si pratica l’iniezione che guarisce e
all’aprirsi della porta
comparire l’airone.
Ho visto delle cose, come tutti.

Alessandro Ceni (Firenze, 1957), in Mattoni per l’altare del fuoco (Jaka Book, 2002)


L’energia della noia, di ciò che – musica conversazione atmosfera amata –

L’energia della noia, di ciò che – musica conversazione atmosfera amata – recide ogni immedesimazione, di tutto quel tempo sprecato aspettando che passi, possiamo cominciare a vederla, concentrarla
come un tizio qualunque seduto in una città
guarda e nemmeno si illude di reggere guardando –
non è nessuno ma è qualcosa, un fantasma
che distribuisce spazio, una ripetizione
giornaliera (nei suoi sogni
c’è sempre una forma che si scioglie
vene in sangue, passi in oceano, terra in cielo
ma lui tiene, non vende luoghi morti) –
pensa alla sete estinta, al nessun sapore in bocca,
a reticoli depurati da fantasie
sulle sue dita che si muovono e si stringono,
non assorbe la strada e, prima di alzarsi,
si sente un organismo volatile
e ben congegnato
per lo più costituito da acqua.

Ho pensato di scrivere sul disprezzo del mondo.

Marco Villa (Lecco, 1989), da Un paese di soli guardiani (Amos Edizioni, 2019)