A mio padre

Ti sei lavato, hai indossato abiti intatti,
poi la mente mi slitta ad ogni passo.
Non ho voluto vederti, di certo
ti avranno sdraiato.
Solo vorrei sapere, oppure è un sogno,
che non fu angoscia la tua meticolosa
cura – i documenti posati sulla panca
la sedia che portasti nel giardino, il nodo –
ma un qualche imperscrutabile, ma lieve,
stato. Tutto è con te, segreto.
Forse a spartirne il peso io serbo,
dell’ atto tuo, l’altro versante – il tonfo
della sedia sulla pietra, e la tua assenza
e il dondolio, che cullo, lento, lentissimo
del corpo sotto il pergolato.

 

Cristina Alziati (1963), da Come non piangenti (Marcos y Marcos, 2012)

 


Tracce II

Non riesco a inginocchiarmi, scrivevi
e hai portato, dentro i giorni dannati dei campi,
per proteggere dio una gioia.

Forse pregare fu quello – le tue ginocchia,
ossa d’ombra sulla pietra, e tu
per questa terra a camminare in volo.

Cristina Alziati (Milano, 1963) da Come non piangenti (Marcos y Marcos, 2011)