Visita notturna / antologia, Fabio Pusterla
Pubblicato: 10 dicembre 2014 Archiviato in: Una poesia al giorno | Tags: Fabio Pusteria Lascia un commentoStai sognando
cratassi, tirabraccia, il drago soffia-naso.
Chissà cosa sognava Anna Brichtova, che stanotte
viene a trovarci con il suo mosaico
di carte colorate: la sua casa
col tetto rosso, gli alberi
nel prato verde, il cielo: e fuori un lager.
Questo è il vero regalo
che ho portato da Praga senza dirtelo.
Era con me sul treno, la mattina
che ho creduto di vivere all’inferno: Stoccarda,
o giù di lì, dentro un ronzare
di gente che lavora a non sa cosa
o per chi, ma lavora, preme tasti,
invia messaggi a ignoti dentro l’aria.
Solo occhi e dita, solo
un giorno dopo l’altro, smisurato
trascorrere di un tempo che non varia, che appartiene
per sempre ad altri,
ad altro che a sé stessi, e la paura, l’odio
del paria contro il paria, questa rissa
d’anime perse, nuovi schiavi. Il Grande
Bevitore di Birra, la Donna Occhi nel Vuoto,
Mazinga, i miei compagni di viaggio.
Chissà come sognava Anna Brichtova,
a cosa sogni tu, e come vedete
il mondo voi bambini. Lo troverete,
fra i vostri giochi, il gioco che ci salvi?
Noi tutti lo speriamo
guardandovi dormire.
Fabio Pusterla (Mendrisio, 1957), da Le cose senza storia (Marcos y Marcos, 1994)
L’attenzione alla realtà sommersa e senza storia (che si traduce anche in vere e proprie poesie “civili”, dal chiaro riferimento alla politica presente) produce anche un movimento verticale nello sguardo dell’io, quando si rivolge dentro di sé, a ricercare un’origine che travalichi la storia nell’infanzia e nella geologia. È forse Jaccottet, uno dei poeti tradotti e amati da Pusterla, ad averlo rivelato nel modo più efficace: ogni cosa attraverso la sua voce ferma, sobria, mirabilmente dotta, è sempre insieme quotidiana, vicina, vera e vasta, reale e nondimeno misteriosa. C’è dunque una tensione che trascende le cose e, concentrandosi sulle figure umane, soprattutto i bambini, ed animali (per esempio mediante lo sguardo verso gli uccelli, indifferenti alle miserie umane, c’è la percezione di essere sommersi dal presente eppure pensarli in volo, questo aiuta), vuole ancora interrogarsi sulla possibilità di uno sguardo positivo sul reale.
Roberto Cescon
Le parentesi / antologia, Fabio Pusterla
Pubblicato: 9 dicembre 2014 Archiviato in: Una poesia al giorno | Tags: Fabio Pusteria Lascia un commentoL’erosione
cancellerà le Alpi, prima scavando valli,
poi ripidi burroni, vuoti insanabili
che preludono al crollo. Lo scricchiolio
sarà il segnale di fuga: questo il verdetto.
Rimarranno le pozze, i montaruzzi casuali,
le pause di riposo, i sassi rotolanti,
le caverne e le piane paludose.
Nel mondo Nuovo rimarranno, cadute
principali e alberi sintattici, sperse
certezze e affermazioni,
le parentesi, gli incisi e le interiezioni:
le palafitte del domani.
Fabio Pusterla (Mendrisio, 1957), da Concessione all’inverno (Marcos y Marcos, 1985)
Nella prima raccolta dell’autore, Concessione all’inverno (1985), il soggetto di fronte al male della storia è spaesato, risentito (una ragione di questa rabbia è il trauma della guerra – il padre deportato in Germania dopo la ritirata di Russia – che continua ad essere vissuto nel pensiero in tempo di pace), disincantato di fronte all’insensatezza della realtà, con atteggiamento anche sarcastico. È la rabbia inespressa e covata che genera la nevrastenia con deviazioni espressionistiche dello sguardo e dello stile, come l’enumerazione, le parentesi (segno di una percezione alineare), la lingua oggettuale e antilirica, capace cioè di farsi prosastica e di mimetizzarsi con la realtà (in chiave parodica – si veda il contrasto tra lessico concreto e astratto, tra le marche dei prodotti e i tecnicismi geologici – e critica), l’assenza di rime, le inarcature che creano effetti di disordine.
Lo sguardo si sofferma sulle cose senza storia, che rappresentano la cronaca della nostra provvisorietà, amplificata dal contrasto con la natura glaciale, geologica, antiidillica: detriti, scorie, fossili, pietre esistono al di fuori della memoria dell’uomo e guardano la sua condizione da una straniante immobilità geologica.
Roberto Cescon