Osservate, chiedete non alla forma

Osservate, chiedete non alla forma
ma fuori a tutto il resto cosa sia,
questa scrittura o le unghie esili,
le biografie anonime o le parole anonime.
Mi dicono che può essere forma questo libro a schermo
dove vedi vite in frammento o luce stupita.

La forma è lo schermo come una casa azzurra,
statistica e figure, un ritmo che lega gli uomini
nella mia mente. La forma è, non è ciò che volete
io dia. È, non è il divenire. È disfarsi, a volte.
L’altro limite, solo l’immagine, mi hai detto, ma lo cancello
e lo riscrivo: lettere, vi dico, pensatele, in ogni lettera
guardate una parola come un piede di bambino
appoggiato alla mano della madre, quella mano
alla pancia e la pancia a un pensiero.

A volte seguo questo percorso perché una scena accada
e non sia forma sola, ma pancia, mano, piede
che non vedete, anche nelle immagini
disordinate nell’etere sempre vi seguo,
un aereo silenzioso che rientra nell’hangar
o il cieco che arriva all’ultimo segno del braille.

Mi hanno detto di nuovo di fermarmi sulla forma,
la forma che se scrivi o vivi non è mai lo stesso.
Con i pensieri come unghie lego vite
disunite a schermo.

Maria Borio (Perugia, 1985), da Trasparenze (Interlinea, 2019)


Lingua

Non hai bara da trascinare sulla neve

ma un cane che trema nel buio.

Madre-lingua sei triste

l’aglio si fa nero nel rame

il rombo dal camino sale.

I venti si confondono

Eolo soffia e Babele vive.

Figlia-lingua: scricchioli a ginepro.

Il tuo brivido alla nascita

è un frammento di tempesta tra i pianeti

e le nuvole, le nuvole ciecamente corrono

cancellando dai cieli ogni genealogia.

Antonella Anedda (Roma, 1955), da Dal balcone del corpo (Mondadori, 2008)
– consigliato da Maria Borio