Agnese / antologia, Maurizio Cucchi

Il mio risveglio è stato nel tuo nome
sussurrato e un saluto un bianco sogno
Agnese che ritorni ombra che passi figuretta
bianca sottile che non mi ami.
Io ti seguo con l’occhio e con la penna
mentre scivoli e c’è la guerra
in Santa Maria Fulcorina. Sono poco
un adolescente un angelo una fantasia
sono un signore che ti pensa e inventa
mite e vile affettuoso e coltivo
la mia mania.

 

Maurizio Cucchi (Milano, 1945), da Donna del gioco (Mondadori, 1987)

 

Santa Maria Fulcorina è una via centrale di Milano, dietro al Palazzo degli Affari. Siamo in uno scenario di guerra, ma della guerra si avverte solo un’eco lontana, una sensazione di pericolo di cui è simbolo la figura trasparente di Agnese, che avanza come fosse una sorta di fantasma. Chi è Agnese? Cosa rappresenta per il poeta? Agnese è una donna simile a quelle di cui ci parla Dante nella Vita nuova: una di quelle donne che al solo passaggio riescono a suscitare nel cuore di chi le guarda un’immagine di salvezza, specie quando muovono la mano nel gesto di un saluto. Questa poesia di Cucchi è una poesia d’amore, Agnese è l’oggetto del suo desiderio adolescente, di ragazzo che deve crescere nei sentimenti e trovare il proprio posto nel mondo e nella storia, per far diventare la sua «fantasia» qualcosa di reale e di concreto, come il linguaggio che qui viene usato. Si noti in particolare la corrispondenza fra il tono pacato e l’occorrenza di parole «sussurrato», «figuretta», «fantasia», che stemperano il clima della composizione in una felice leggerezza.

(Marco Corsi)


Indugiare nella quiete dei paesetti

Indugiare nella quiete dei paesetti,
divorati con gli occhi dai finestrini;
identici i biglietti, le divise, certe panchine.

(Di fatto, lo spazio era ben poco. Un buco, il fosso, sotto
il balcone.)

Esplora. Nebbia, canali, cascinali.
File di pioppi umidi, marcite. Pavia;
la Pianura Padana vista come terra straniera.

Il vagabondaggio, i brividi. Fantasie, forse;
quasi eroismi di primo mattino. Qui spicca, salta fuori
dalle ombre, goffa figura appesantita: mangia,
assorbe, assorbe…

Maurizio Cucchi, (Milano 1945), da Il disperso, (Guanda 1994)