La distrazione

Una volta, guardando un ramo, o un passero, o una foglia stagliarsi oltre la finestra, era sempre aperta la possibilità che ramo, foglia, passero uscissero dai loro contorni, facessero corpo con noi, con l’aria tra di noi. E lì potevamo sentirli di più, tanto da lasciare che si liberassero di nuovo e finalmente, qualche volta, con un po’ di voglia e di fortuna sarebbero stati una visione. Allora eravamo contenti e ci bastava.

Adesso, quando non sappiamo cosa fare possiamo andare sulla terrazza e chiedere al vento se è vero che siamo felici.
Ma tutto questo movimento di rami, visto sempre dall’interno, fa pensare ad un cuore pulsante, il cuore della nostra casa posto fuori.
Tutto questo movimento delle piante che abbiamo comperato e di quelle più grandi che erano qui da prima – una folla di pioppi silenziosa nel vento di là dalla finestra – senza volerlo contiene la nostra stagione, senza volere acconsente alla nostra vita.
E io posso sentire che forse abiti molto lontano e che forse non c’è niente qui intorno che sia tuo.
E vorrei chiederti scusa. Scusami se qualche volta, come adesso, costruisco la tua vita, e scrivendo parlo di te e ti attribuisco i miei pensieri. È una specie di rigurgito, di cui mi vergogno, un resto di un bisogno di bellezza con in più la paura di dover stare da solo. Prima di andare, vorrei che tu stessi con me ad ascoltare i pioppi. Adesso, vorrei solo distrarmi.

Stefano Dal Bianco (Padova, 1961), da Ritorno a Planaval (Mondadori, 2001)


1920

C’è questa foto del millenovecentoventi
dove si vede distrutta la casa che adesso abitiamo
una granata italiana l’aveva colpita
proprio la casa proprio la camera
dove poi abbiamo concepito i figli
ma di quei momenti nostri non ci sono immagini
e la vita quando esplode dentro non fa nessun rumore
e anche io ti ho posseduta così si dice

ma in realtà non ho posseduto niente
sei come questa terra dove per lasciare un segno
è inutile combattere bisogna appartenere
diventare umili e abitare con pazienza
come fa il colore su una rosa

Francesco Tomada (Gorizia, 1966), da A ogni cosa il suo nome (Le voci della luna, 2008)