L’ultimo giorno

Non c’è niente da fare l’ultimo
giorno, guardare soltanto
la scala quaranta e fuori i tornei
sui campi sintetici, ovunque nachos
con Coca e sfogliatine, la pelle
già moka per i soli in piscina, noi e loro
come ebbri in attesa del suono
che arriva e libera tutti.

Ma in sala insegnanti sempre scopri
la prof che rimane più del tempo:
lega i compiti con le fascette
e sbarra con la biro i registri.
Troverà, uscendo, le strade più sgombre,
più duro, a casa, il pane in cassetta.

Francesco Targhetta (Treviso, 1980), inedito


Convinto

Ormai loro parlavano, parlavano,
e io zitto, come si sta
quando si ha in bocca il trapano del dentista.
Solo ogni tanto a gesti, o con un verso,
facevo segno di sì,
di sì, che ero d’accordo.

Ero alle corde,
a furia di domande; ero preso
in una rete di argomenti
sempre più forti,
sempre più stringenti.

Perché è così: quando ti chiama quello
che mette in ordine il mondo,
quello che tiene insieme
persone e cose, quello che costringe
a darsi ragione o torto
– non si scappa, tocca dar retta,
tocca rispondere all’appello.

Ma quando si distrae per un momento
e allenta la stretta, e si sta
come una rana
in una mano aperta,
è bello.

Umberto Fiori (Sarzana, 1949), Poesie 1986-2014 (Mondadori, 2014)