Glenn, come lo chiamavo nella mia mente io / antologia, Maurizio Cucchi

Glenn, come lo chiamavo nella mia mente io,
o com’è più vero e semplice,
com’è più vero:
Luigi.
Resti per me una crepa d’affetto
o un lampo intermittente nel cervello.
E anche tu, che non l’hai mai visto,
lo ami.
Tu che hai taciuto, e oggi non taci più,
hai la memoria smangiata come la tua macula:
cerchi e non trovi più
nemmeno la sua voce.

 

Maurizio Cucchi (Milano, 1945), da L’ultimo viaggio di Glenn (Mondadori, 1999)

 

Il viaggio della poesia di Maurizio Cucchi inizia nel 1976 con la raccolta di poesie intitolata Il disperso: un libro traumatico, che segna non solo la vicenda personale dell’autore, ma che penetra all’interno della sua scrittura, frantumandola in una serie di oggetti, situazioni e voci che prendono il sopravvento sulle parole; diventano quelle parole che il poeta scrive. A distanza di più di trent’anni, dopo il passaggio fondamentale di Glenn (pubblicato da San Marco dei Giustiniani nel 1982), Cucchi ci rivela la vera identità del volto nascosto sotto la maschera di personaggi come l’attore Glenn Ford o il trombettista Glenn Miller: Glenn è Luigi, Luigi Cucchi, suo padre. Finalmente riesce a pronunciare con sicurezza il suo nome (quel «Luigi» isolato al quarto verso lo dimostra): un misterioso incidente l’aveva strappato alla vita e adesso è qui e torna a vivere nella poesia. La sua figura e l’eco della sua voce procurano ancora dolore nella mente, e tuttavia vivono di una nuova consapevolezza più matura e adulta, ora che tutto viene messo a fuoco.

(Marco Corsi)



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