VIII. La signorina Richmond comincia a averne abbastanza di tutti questi cani / antologia, Nanni Balestrini

Basta cani
bisogna battere il cane finch’è caldo
bisogna dimenticare i cani
bisogna farla finita coi cani

coi cani che corrono
col cane in gola
col cane nel sacco
con la morte nel cane

cane di lettere
cane di mondo
cane di paglia
cani volete forse vivere in eterno

chi è senza cane scagli
chi ha demolito il cane
chi ha distrutto pezzo per pezzo il cane
chi ha svalorizzato il cane

dando via il cane
dandosi al cane
di notte tutti i cani sono neri
è il silenzio del cane

era bello come un cane
era il cane della situazione
era un vero cane quello
eravamo tutti cani per lui

finirà male quel cane
fino all’ultimo cane
gli leggeva in fondo al cane
ha amato un cane più della sua vita

ha un cane arido
ha un cane di ghiaccio
ha un cane di marmo
ha un cane di traverso

il cane batte sui vetri
il cane corre al tramonto
il cane ci ha messo la coda
il cane con gli stivali

il cane dei tempi
il cane del futuro
il cane è l’avvenire del cane
il cane è lo specchio del cane

il cane eterno
il cane giustifica i mezzi
il cane ha sempre ragione
il cane non si tocca

il cane non vive di solo pane
il cane quotidiano
il cane volge alla fine
il cane vuole la sua parte

la resurrezione del cane
le aprì tutto il suo cane
le rispose con un cenno del cane
lo guardava con la coda del cane

m’ha tolto il cane di bocca
mette troppo cane al fuoco
mettiamoci un cane sopra
mettiti il cane in pace

mi fa girare il cane
mi stringe il cane
mi spezza il cane
mi va via il cane

noi oggi dobbiamo reinventare il cane
non sei abbastanza cane con te stesso
non so più dove sbattere il cane
non tocco più un cane da due mesi

oggi mi sento abbastanza cane
osa ripeterlo se sei un cane
parla come un cane aperto
parole che vanno dritte al cane

passando da un cane all’altro
perdendo l’uso del cane
piegando il cane davanti all’evidenza
punto e cane

quattro cani vedono meglio di due
questo cane diventa un po’ monotono
questo cane è decisamente ossessivo
questo cane non lo aveva mai sfiorato

raccontò il suo cane a tutti
riacquistò l’uso del cane
scagliò il primo cane
se il cane non esistesse bisognerebbe inventarlo

sentirsi cane
sentirsi il cane di se stesso
sei abbastanza cane per capire queste cose
smettiamola di parlare ai cani

toccare il cane a qualcuno
tutti i cani finiscono male
tutti i cani vanno verso la rovina
tutti i delusi del cane

un bel cane
un cane appassionato
un cane che non avrà mai fine
un cane d’amore

un cane d’azione
un cane del popolo
un cane in scatola
un cane proibito

un cane tira l’altro
un ultimo cane
vuotare il cane
zitto e cane.

Nanni Balestrini (Milano, 1935), da Il ritorno della signorina Richmond. Terzo libro. 1984-1986 (Becco giallo, 1987)

 

Il testo in questione è tratto dal terzo libro dedicato da Balestrini a quella figura enigmatica, metà donna e metà uccello, che è la signorina Richmond. Si tratta di un personaggio e di un’opera che ha occupato il poeta per più di un ventennio. Se infatti le prime ballate sono del 1977, l’opera completa, ovvero Le avventure complete della signorina Richmond, uscirà solamente nel 1999.
In questa poesia viene attuata una delle pratiche più usuali di Nanni Balestrini, quella del saccheggiamento di parole, modi di dire, proverbi, luoghi comuni, riutilizzati ed inseriti in un contesto del tutto nuovo. In questo caso abbiamo una sorta di collage di espressioni proverbiali, all’interno delle quali la parola più importante, o quella tematica, viene, giocosamente sostituita con la parola “cane”. “Uomo di lettere” così diviene “Cane di lettere”, “Il pane quotidiano” diviene “Il cane quotidiano”, “Zitto e basta” diventa “Zitto e cane”, e così via. Il tutto conferisce alla poesia un andamento quasi da filastrocca, ma allo stesso tempo le continue anafore, ripetizioni e climax offrono al lettore un testo dal ritmo ossessivo: come se si trovasse dinnanzi ad una danza rapinosa che talvolta strappa il sorriso e talvolta provoca l’angoscia per la velocità con la quale si susseguono le immagini (e le parole).

(Luciano Mazziotta)