Oigo el último / antologia, Antonio Gamoneda
Pubblicato: 2 ottobre 2014 Archiviato in: Una poesia al giorno | Tags: Antonio Gamoneda Lascia un commentoOigo el último
grito amarillo.
Atraversando
cifras y sombras he llegado.
No merecía la pena
tanto cansancio sin destino.
Antonio Gamoneda (Oviedo, 1931), da Canción errónea [Canzone erronea ] (Tusquets, 2012) – traduzione di Alberto Pellegatta.
Ascolto l’ultimo
grido giallo.
Attraversando
cifre e ombre sono arrivato.
Non valeva la pena
tanta stanchezza senza destinazione.
Il libro da cui è tratta questa breve lirica, Canzone erronea, è stato pubblicato due anni fa dall’autore ottantenne e si configura come un’ode alla vita e al corpo che, anche nella vecchiaia, ci permette di avvertire l’attrito della bellezza, seppur nei cedimenti dei tessuti. Altrove nel testo il poeta esplicita questa linea: «Amo il mio corpo; le sue vertebre spaccate… il mio cuore leggermente umido / e i miei capelli impazziti / nelle tue mani. / Amo anche / il mio sangue attraversato da gemiti. // Amo la calcificazione e la malinconia / arteriale… i midolli della tristezza, gli anelli / della vecchiaia e l’influenza / delle tenebre intestinali. / Amo i cerchi / grassi del dolore e le radici / dei tumori lividi. // Amo questo corpo vecchio e la sostanza / della sua misera clinica». Per questo la «dimenticanza dissolve la materia riflessiva / davanti ai grandi vetri / della menzogna». Ormai tutto è risolto: «in me non c’è causa. In me non c’è / più stanchezza e / un’antica distrazione: / passare / dall’inesistenza / all’inesistenza. / È / un sogno. / Un sogno vuoto». Un libro onesto e attraversato da lampi lirici di rara intensità. Un «ultimo / grido giallo», attraverso cui confessare di avere attraversato «cifre e ombre» per scoprire che forse «non valeva la pena // tanta stanchezza senza destinazione». Una poesia colta, che rimonta a Quevedo, con la visionarietà di Goya e la grazia dell’iperrealismo di un Antonio Lopez.
(Alberto Pellegatta)