Antonella Anedda consiglia “On Ovid” di Anne Carson

I see him there on a night like this but cool, the moon blowing though black streets. He sups and walk back to his room. The radio is on the floor. Its luminous green dial blares softly. He sits down at the table: people in exile write so many letters. Now Ovid is weeping. Each night about this time he puts on sadness like a garment and goes on writing. In his spare time he is teaching himself the local language (Getic) in order to compose in it an epic poem no one will ever read.

 

Anne Carson (Toronto, 1950), Sesto dei trentuno Short talks contenuti in Plainwater (Knopf, New York 1995)

 

Su Ovidio

Lo vedo là in una notte come questa ma fresca, con la luna che soffia attraverso strade nere. Cena e ritorna nella sua stanza. La radio è sul pavimento. Il suo luminoso  quadrante verde gracchia sommessamente Si mette al tavolo: la gente in esilio scrive così tante lettere. Ora sta piangendo. Ogni notte, intorno a quest’ora indossa la sua tristezza come un abito e continua a scrivere. Nel tempo libero insegna a se stesso la lingua locale (dei Geti) per comporre un poema epico che nessuno leggerà mai.

Il testo è di Ann Carson, canadese, uno dei più importanti autori di lingua inglese contemporanei.
Il protagonista è Ovidio, il tema è l’esilio. La scena è Tomi, sul Mar Nero, terra dei Geti dove il poeta fu esiliato da Ottaviano nell’8 d.C e da cui non fece mai ritorno. Una caratteristica del lavoro di Carson è la sua capacità di valicare i generi lasciando dialogare stili e  autori distanti nel tempo e nello spazio. Un’altra è quella di inserire un dettaglio spiazzante all’interno del discorso. Qui il verbo to blare” che indica un suono forte viene contraddetto dall’avverbio “softly”. Ovidio è un bandito. Vive tra estranei di cui prova a imparare la lingua. L’esule non arriva a decifrare completamente i codici di chi lo accoglie e lo respinge, lo respinge e lo accoglie. Vive in questo dondolio. Riceve una continua lezione di amarezza.

Antonella Anedda