Che sperpero questa quotidianità

Che sperpero questa quotidianità
svuotata di tenerezze, nudo
sasso che ci rimbalza contro, sguardo
d’orizzonte addomesticato asciutto

(e io che costruivo
geometrie golose di parole
per rendere meno scialbo
il battito meccanico
della lingua contro i denti,
al modo dei bambini
provavo il gioco ripetuto
‒ serio ‒ di stringersi
ancora e sempre come se
non ci fosse un seguito)

che sperpero la morte bianca muta
da un giorno all’altro identico di piccole
lucciole di felicità intermittenti, schiacciate
al buio di un tempo così distratto che
persino la banalità del niente
avrebbe forse un sapore meno gretto.

Silvia Rosa (Torino, 1976), da Tempo di riserva (Ladolfi editore, 2018)