Un po’ d’oro nel fango

Mi dicevo anche: vivere è altra cosa
da quest’oblio del tempo che passa,
non le stragi dell’amore e dell’usura –
dal mattino alla notte lo facciamo:

fendere il mare, fendere il cielo, la terra,
volta per volta uccello, pesce, talpa, infine:
giocando a mescolare l’aria, l’acqua, i frutti
e la polvere; agendo come, bruciando per,

andando verso, a raccogliere cosa? Il verme
nella mela, tra le messi il vento, tanto tutto
sempre ricade, tanto tutto ricomincia e niente
mai è uguale a quello che era, né meglio né peggio,

e non cessa di ripetere: vivere è altra cosa.

Guy Goffette (Jamoigne, 1947) da I canti del pescatore d’acqua (Carte di fumo, 2006)

Je me disasis aussi: vivre est autre chose
que cet oubli du temps qui passe et des ravages
de l’amour et de l’usure: ce que nous faisons
du matin à la nuit: fendre la mer

fendre le ciel, la terre, tout à tour oiseau,
poisson, taupe, enfin: jouant à brasser l’air,
l’eau, les fuits, la poussière; agissant comme,
brûlant pour, marchant vers, récoltant

quoi? le ver dans la pomme, le vent dans les blès
puisque tout retombe toujours, puisque tout
recommence et rien n’est jamais pareil
à ce qui fut, ni pire ni meilleur

qui ne cesse de repeter: vivre est autre chose.


Ci sta che quasi niente corrisponda

Ci sta che quasi niente corrisponda
alla favola di noi che dovremmo recitare
a pieno fiato scambiandocela in dono
o reciproco anatema. Ci sta pure
a questo punto di scomodare gli spiriti
migliori – se ne abbiamo – con la preghiera
di diffonderci oltre il nostro senso stretto.

Il mondo è un manufatto insistente tra le dita,
mentre il tempo va di lima: stempera gli spigoli
e ottiene la misura auspicata, una storia al singolare.
Così si impara a stipare di niente i granai, a mulinare
i palmi alla corrente per stringere nelle mani solo vento,
un vuoto da graffiarsi tra i capelli, con le unghie.

Marco Bini (Modena, 1984) da Conoscenza del vento (Ladolfi, 2011)