Canzone dei caduchi

Siamo caduchi, siamo quelli che cadono
sul campo di battaglia della vita.
Ci falcia il tempo, che ci insegue in ogni momento
dopo averci partorito,
ci tiene il fiato sul collo
e non ci lascia respirare.

Se ci fermiamo un momento
lui passa e noi lo stiamo a guardare
come dalla spalletta di un ponte
ma ci divora dentro.

Che cosa succederà domani
tu non lo puoi sapere
per questo sei nelle sue mani
e non ti puoi liberare.

Siamo caduchi, siamo quelli che cadono,
cadiamo come le mosche,
quando nasciamo ce l’abbiamo scritto in fronte
che cadiamo,
ma non ce ne vergogniamo
anzi camminiamo a fronte alta
con la nostra morte nel cuore.

Non siamo soli, siamo tanti,
siamo un esercito immenso,
marciamo insieme, spinti dal tempo
con questa croce sul cuore.

Claudio Damiani (San Giovanni Rotondo, 1957)

 


10.

(“Ma che sia chiaro”, subito rispondo, in preda a un raptus di precisazione,
“chiaro che o tu sei fuori dal gioco
– perché ti interessi di altre cose; perché hai una fede che ti ingoia, sei una profetessa fuori patria; perché sei muta
o tu muori dalla fame;
oppure tu sei tutta dentro a quello: ma una carta ce l’hai per cambiar nome; metti, un sette di denari
o un tre di coppe, riposto nell’orlo del calzone.
Solo chi siede al tavolo può forse sterzare da una via già ribattuta:
tu sei fra questi, credo e spero: e io.
Ma ricordatelo, che tu non sia seduta e non seduta insieme; di fuori e dentro; sporta su un vero ultimo e sul mondo”).

(“Non ridere se dico che tu, per mia fortuna, tu sei corrotta e porti una giustezza: e il nostro
– è un lavoro di espiazione”).

Vincenzo Ostuni (Roma, 1970), da Faldone Zero-Venti. Poesie 1992-2006 (Ponte Sisto, 2012)