Le mie scarpe

Scarpe, faccia segreta della vita interiore:
due bocche senza denti, spalancate,
due pelli d’animale in parte decomposte,
fetide come un nido di topi.

Un fratello e una sorella nati morti
in voi continuano a esistere,
guidano la mia vita
verso la loro incomprensibile innocenza.

A che mai servono i libri
quando in voi si può leggere
il Vangelo della mia vita sulla terra
e oltre ancora, delle cose a venire?

Voglio rivelare la religione
che ho ideato per la vostra perfetta umiltà
e la bizzarra chiesa che ora erigo
dove voi siete l’altare.

Ascetiche e materne, perdurate:
parenti di bovini, santi, condannati,
con la vostra pazienza silenziosa siete
la sola vera cosa che a me somiglia.

Charles Simic (Belgrado, 1938) da Hotel Insonnia (Adelphi, 2002)

Shoes, secret face of my inner life:
Two gaping toothless mouths,
Twopartly decomposed animal skins
Smelling of mince-nests

My brother and sister who died at birth
Continuing their existence in you,
Guiding my life
Toward their incomprehensible innocence.

What use are books to me
When in you it is possible to read
The Gospel of my life on earth
And still beyond, of things to come?

I want to proclaim the religion
I have devised for your perfect humility
And the strange church I am building
With you as the altar.

Ascetic and maternal, you endure:
Kin to oxen, to Saints, to condemned men,
With your mute patience, forming
The only true likeness of myself.