Filippo Amadei consiglia Billy Collins

The dead

The dead are always looking down on us, they say.
while we are putting on our shoes or making a sandwich,
they are looking down through the glass-bottom boats of heaven
as they row themselves slowly through eternity.

They watch the tops of our heads moving below on earth,
and when we lie down in a field or on a couch,
drugged perhaps by the hum of a warm afternoon,
they think we are looking back at them,

which makes them lift their oars and fall silent
and wait, like parents, for us to close our eyes.

 

Billy Collins (New York, 1941), da A vela in solitaria, intorno alla stanza (Fazi, 2013)

 

I morti

 

I morti ci guardano sempre dall’alto, si dice,
mentre mettiamo le scarpe o facciamo un panino,
ci guardano dal fondo di vetro delle barche del cielo
mentre remano lenti attraverso l’eternità.

Osservano le nostre teste muoversi in basso, sulla terra,
e quando ci sdraiamo in un campo o su un divano,
intontiti forse dal ronzio di un caldo pomeriggio,
pensano che stiamo ricambiando il loro sguardo,

e questo fa sollevare loro i remi e li fa restare in silenzio
ad aspettare, come genitori, che noi chiudiamo gli occhi.

 

Questi di Billy Collins sono versi di una dolcezza assoluta. È la magia della poesia quella di farci vedere le cose da angolature nascoste, inusitate, come guardare un paesaggio da una prospettiva mai vista prima. E così un tema comunemente “scuro” come può essere quello legato alla morte, diventa quasi una ninna nanna, una favola buona. Dopo avere letto questa poesia è impossibile non addormentarsi con una pace nuova e più profonda nel cuore. (Filippo Amadei)


Italo Testa consiglia Jude Stefan

Mars

          salut printemps
         en fleurs nous nous ruinerons
comme vieillard couché dans son lit d’enfance
la chambre et la nuit répéteront sa tombe
en train de rédiger un poème à l’imitation de soi
au matin les tulipes ouvertes
j’ai donné mes biens 
ne hante plus la femme
j’attends le mieux,
finir ses jours

Jude Stefan, À la vieille Parque précédé de Libères, poésie (Gallimard, 1989).

Marzo

salve primavera
in fiore noi ci rovineremo
come un vecchio disteso nel suo letto d’infanzia
la camera e la notte ripeteranno la sua tomba
redigendo un poema a imitazione di sé
al mattino i tulipani aperti
ho donato i miei beni
la donna più non ossessiona
attendo il meglio,
finire i propri giorni

(tr.. it. di. Italo Testa)

 

Una poesia di Jude Stefan, il più grande poeta francese vivente, tradotto negli anni settanta da Sergio Solmi, amato da Zanzotto, oggi praticamente scomparso dall’orizzonte culturale italiano. Il sesso, la morte, un senso vivo della lingua, un attraversamento verticale della tradizione e della contemporaneità, l’ossessiva esplorazione formale, un’inesausta febbre vitale: con la sua misura breve, instabile, “Marzo” è un perfetto esempio della poesia di questo ‘poeta segreto’ (Italo Testa).