I simulacri e le cose / antologia, Titos Patrikios

Non ci aspettavamo che accadesse di nuovo
eppure è di nuovo nero come la pece il cielo,
partorisce mostri di oscurità la notte,
spauracchi del sonno e della veglia
ostruiscono il passaggio, minacciano, chiedono riscatti.
Non temere Lestrigoni e Ciclopi…
Non temere, diceva il poeta,
Ma io temo i loro odierni simulacri
e soprattutto quelli che li muovono.
Temo quanti si arruolano per salvarci
da un inferno che aspetta solo noi,
quanti predicano una vita corretta e salutare
con l’alimentazione forzata del pentimento,
quanti ci liberano dall’ansia della morte
con prestiti a vita di anima e di corpo,
quanti ci rinvigoriscono con stimolanti antropovori
con elisir di giovinezza geneticamente modificata.
Come una goccia di vetriolo brucia l’occhio
così una fialetta di malvagità
può avvelenare innumerevoli vite,
“inesauribili le forze del male nell’uomo”
predicano da mille parti gli oratori,
solo che i detentori della verità assoluta
scoprono sempre negli altri il male.
“Ma la poesia cosa fa, cosa fanno i poeti”
gridano quelli che cercano il consenso
su ciò che hanno pensato e deciso,
e vogliono che ancora oggi i poeti
siano giullari, profeti e cortigiani.
Ma i poeti, nonostante la loro boria
o il loro sottomettersi ai potenti,
il narcisismo o l’adorazione di molti,
nonostante il loro stile ellittico o verboso,
a un certo punto scelgono, denunciano, sperano,
chiedono, come nell’istante cruciale
chiese l’altro poeta: più luce. **
e la poesia non riadatta al presente
la stessa opera rappresentata da anni,
non salmeggia istruzioni sull’uso del bene,
non risuscita i cani morti della metafisica.
Passando in rassegna le cose già accadute
la poesia cerca risposte
a domande non ancora fatte.

 

Titos Patrikios (Atene, 1928), da La resistenza dei fatti (Crocetti, 2007)

 

Poeta greco, appunto, Patrikios ha sviluppato un rapporto originale con il mito classico e la tradizione. È sempre stato attento alla pericolosità di certi richiami, agli allettamenti che potrebbero deviare dalla più cruda realtà. Ne “I simulacri e le cose” – tratta da “La resistenza dei fatti”, edito nel 2000 – i riferimenti alla tradizione sono diversi (da Omero a Kavafis a Goethe), ma non sono mai sfruttati per abbellimenti letterari, vengono invero costantemente applicati (adattati) al presente, a vicende attuali. Ritorna quindi quella concretezza che non impedisce la capacità evocativa. Il poeta riesce a farne una questione di poetica e tecnica, togliendo per esempio le sovrastrutture simboliche (nella vita e nella scrittura). Nella poesia di Patrikios c’è infatti metafora, ma mai simbolismo e ciò disinnesca ogni inganno, anche nelle cose più ordinarie. In questo testo per esempio, viene perfettamente sviluppata la tematica della lucida consapevolezza dell’incoerenza, anche nei suoi tratti positivi, nel movimento necessario che sottostà alla vita e alla scrittura. E lo fa con esempi concreti, evidenziando anche la questione arte/vita, scevra di qualsiasi moralismo, restituendo alla poesia il suo giusto valore, a prescindere dal poeta.

Mary Barbara Tolusso



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