Comincio a crescere…
Pubblicato: 9 ottobre 2017 Archiviato in: Una poesia al giorno | Tags: Flavio Santi Lascia un commentoDite che dovrei essere nato nel 1798:
vi rispondo di sì, che lo so,
ma cosa cambia adesso?
ho la stessa pelle di allora,
Monaldo si chiama Walter,
Adelaide Giusy, e non muta
l’immutabile tangenza del destino,
caro Giordani, di un continuo ora
senza sangue blu ma col telefunken,
non si muore più di vaiolo o scrofolosi, lo sa?
sono cambiati i sensi di marcia
delle carrozze, molti più segnali per strada
e i cocchi vanno veloci che è una meraviglia…
Da piccolo avevo una corporeità raminga,
impugnavo la bicicletta a ventisette dita io!
Senza dimenticare i piedi acronimi,
io ci facevo le parole crociate. Giovinezza
lene con questi stupidi (o stupiti?) giochi;
la grande scoperta
e rivalutazione del sagnue
tra i due e i tre anni;
le spugnette nella bacinella
dei quattro coi fianchi tiepidi. Bambino con schiuma:
sì rido, potrebbe essere
il titolo di un quadro di… Poussin?
Ma io guardo di sbieco
e non ricordo nessun pittore, solo
quel tipino che mi fece il ritratto
sul molo di Porto Recanati, tenendomi vicino
al foglio, nero su bianco, Biagio
lui il suo nome, Blaise
se fossi andato in Francia,
che so a Parigi, o nel Perpignan,
per me lui contava più di un padre
– avuto e mai rinnegato. Del resto -.
Uno così la giovinezza
gli avanza, non sa mai che farne:
non tua moglie però, Questo
mi verrebbe da pensare
vedendomi adesso
se io fossi un altro.
Tra i Duran Duran e Aristotele
mi si sono allungate
le unghie, da bimbo a ragazzino facendomi.
Petulco ero, come
si dice in buon idioma carducciano
e come da foto risulterebbe.
Ma non è bello – lo giuro –
non ridere quando tutti i bambini dell’asilo
ridono; non sospirare
quando tutto lo fa.
L’unico modo che paga
la mia diversità è l’arroganza
della debolezza, spergiurare
di essere diverso perché migliore.
Migliore nel darsi da fare,
a leggere, a tradurre, a mentire.
Scuola: mia sacra e unica famiglia.
Professori o padri da rispettare,
madri da amare,
sorelle da desiderare,
fratelli da rimproverare;
tutto il nucleo stretto e diretto
dell’amor proprio.
Flavio Santi (Alessandria, 1973), da Il ragazzo X (Atelier, 2004)