Ognuno di noi è una riva a cui

Ognuno di noi è una riva a cui
vengono le immagini del mondo. Siamo
un mare su cui sciacqua un altro mare

che ci si viene a rompere in fronte, quando
guardiamo fuori, non meno di quando
guardiamo dentro noi stessi. Pure,

a catene di immagini dovremmo sapere
rispondere con schiere di frasi. Invece,
eccoci qui dietro le cose, che ci trascorrono

davanti, più che a nomi a lampi, come
le creature riprese e disintegrate di qualche
esplosione convenzionale, senza che tu le sappia

decifrare. Come dopo Auschwitz, dopo
Hiroshima. Banco di prova d’ogni
prosa, d’ogni rima e lima.

Le immagini ci sono, ma le opere,
le parole, le dobbiamo fare.

Gianni D’Elia (Pesaro, 1953), da Sulla riva dell’epoca (Einaudi, 2000)


Non si libera dagli aghi, se ne veste

Non si libera dagli aghi, se ne veste.
Vive nell’ultima stanza – ogni volta
sta varando il vascello con lo sguardo
nella fontana fuori, dove la potrebbero
condurre ma non vuole, dai sette anni
mentali e non mentali non si strecciano
il colore cenere – la testa, gli occhi.

Non possono trovarla assiderata.
Piuttosto contare sul balcone, che sarebbe
il margine alfa della storia, da dove
la contesta e può ascoltarla; due
fibbie alle scarpe slacciate, rientra
sempre e cammina sempre scalza contro
la parete. Lì sta bene. Lì – dice alla fine
della casa – mi riconoscerete.

Chi manca è più nitido,
si prende la ragione

Marco Giovenale (Roma, 1969), da Shelter (Donzelli, 2010)