Una lama di fosforo ti distingueva

Una lama di fosforo ti distingueva
e ti minacciava, in classe terza,
ti chiedeva ogni volta il voto più alto, l’esempio
perfetto del condottiero: sei stato tra la gloria
e il sacrificio umano
e hai scelto di non avere più nulla.

Ma oggi ti è riuscito
l’antico affondo, il pezzo di bravura,
chiamandomi per nome tra la Polfer e i sonnambuli
del binario ventidue “Ti ricordi di me?
Io abito qui”. “Ricordi quella versione
di Tucidide difficilissima. Solo tu… solo tu.”
“Toiósde men o táfos eghéneto…”

Hai ancora il guizzo
dello studente strepitoso, l’aggettivo
che si posa sul foglio e svetta, la frase

di una lingua canonica e nuova, quel tuo
tradurre all’istante a occhi socchiusi. Dove sei,
ti chiedo silenzioso. Dove siamo? I frutti
restano dentro e bruciano segreti
in un tempo lontano dalla luce,
in una giostra di libellule o in un sasso.

Milo De Angelis (Milano, 1951), da Incontri e agguati (Mondadori, 2015)



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