dovremmo sedere attorno alle cose
Pubblicato: 28 febbraio 2014 Archiviato in: Una poesia al giorno | Tags: Stefano Lorefice 1 Commentodovremmo sedere attorno alle cose
alla loro vera posizione
come dei messaggeri su un vecchio sentiero
che riposano
come gente che conosce ciò ch’è scritto
senza la finzione che muove la voce
dovremmo ristabilire la gravita che porta al centro
non questo fracasso di strade
che barcolla, con ancora il mattino incastrato fra i denti
e si raccoglie agli angoli, attende l’agguato
mentre il rumore di passi esita
intuisce l’errore
e la difesa ci costringe ad arretrare
che stiamo qui, adesso
che c’è poco spazio
e i corpi stanchi sfregano
consumano
dimenticano
Stefano Lorefice (Morbegno, 1977), da L’esperienza della pioggia (Campanotto, 2006)
Ma quali ‘cose’? e perché queste ‘cose’ in poesia sono sempre più positive o necessarie delle persone, o così sembra? è questa genericità estenuata che ho criticato altrove, e il peso di questa parolina che la fa finire invariabilmente a fine verso (come marca estetica: a questo servono le parole a fine verso). Detto questo, apprezzo la seconda parte, anche se forse avrebbe avuto senso cambiare sintassi e ritmo non appena dalla dimensione positiva/utopica (‘dovremmo…’) si passa a quella percepita contingente, proprio per il fatto che in poesia l’iconicità tra forma e contenuto è un principio forte. Della seconda parte mi piace l’energia quasi espressionista (secondo me memore della fine di una poesia di De Angelis: “dove un millennio ha esitato / tra cedere e non cedere / perdendosi sempre tardi, e con intelligenza”: momento sintattico unico spezzato in versi brevi e che vanno verso un climax ritmico).