Nanni Balestrini consiglia Francesca Genti

L’impiegato F. Pasquale (ufficio via Andrea Doria)
mentre si gratta il pacco con una flemma australe
e la folla inferocita si accalca allo sportello
con suprema stizza e sorriso tutto boria
annuncia: “si è bloccato il terminale”
scatenando l’ira di due vecchie impellicciate
(una nella foga si sputa la dentiera
e l’altra si fa aria con le raccomandate)
e la crisi isterica di una trans nipponica
che scaglia a terra un pacco di Natale
che si sfascia e rivela confezioni
di pasta Rummo, Agnesi e Buitoni.

La ragazza con la spesa e il passeggino
cerca di sedare il suo bambino
che urla come un’aquila preistorica
perché pretende per la cifra modica
di euro diciannove e novanta
che la madre gli compri una ghirlanda
di caramelle colorate tipo Smarties
da sgranocchiare durante l’odissea
che li separa dallo sportello C
dove la madre arriverà stremata
col colorito bianco come un cero
e davanti alla mora da pagare
caccerà il suo classico urlo nero.

Il cingalese con le rose rosse
chiede ragguagli a una vecchia pensionata
che ha un problema di mascella deragliata
e parla in una lingua incomprensibile
che cerca di ovviare con gesti universali
– esperanto di esperienze solidali –
così alla fine anche lui capisce
che non c’è trippa né permessi di soggiorno
perché oltre al terminale si è bloccato
anche quel coso che distribuisce i numeri
(per questo tutti quanti danno i numeri).

Il bimbominkia al postamat all’ingresso
armeggia con destrezza al cellulare
mentre sceglie da pantheon assortiti
i santi e le madonne da scagliare
contro quei vecchi rincoglioniti
che non sanno ancora adoperare
la carta prepagata postepay
e per concludere le loro operazioni
(e quindi poi levarsi dai coglioni)
ci mettono dai cento ai mille eoni.

Le due zingare all’angolo di fuori
guardano la falce della luna
che nel mattino azzurro adamantino
sembra il sorriso allegro di un bambino…

Francesca Genti (Torino, 1975), poesia inedita

La poesia di Francesca Genti è allegra e scanzonata,  ironica e birichina. Questi suoi versi ci raccontano una buffa scenetta che si svolge davanti a uno sportello delle poste dove una coda di pensionati, madri con bambini, extracomunitari,  si accalca, inferocita perché niente funziona. Un quadretto sonoro e movimentato della nostra quotidianità, il cui ritmo vivace e cazonatorio descrive il brulicare di personaggi comuni, le loro pene e ansie con simpatia e comprensione. (Nanni Balestrini)

 

 


Marko Kravos consiglia Marko Kravos

Sol na Jezik

Tri zrna soli v usta, na jezik
in z jezikom preko zob in ustnic:
sol še bližnji smrti podeli
okus po ljubezni.

Vrzi, vrzi belo sol v morje,
naj se k rodni vodi vrne,
naj se navzame modrine.
Sol se topi, a ne mine.

 
Marko Kravos (Trieste, 1943), da Sale sulla lingua /Sol na jezik (ZTT-EST, 2013)

 

Sale sulla lingua

Tre grani di sale in bocca, sulla lingua
e sfiorare con la lingua denti e labbra:
anche alla devota morte il sale
concede gusto d’amore.

Getta getta in mare il bianco sale,
rendilo alla madre acqua
che lo impregni del suo blu.
Il sale si scioglie, e non scompare.

La poesia Sale sulla lingua /Sol na jezik ha dato nome alla raccolta poetica pubblicata bilingue in sloveno e italiano dalla ZTT-EST di Trieste nel 2013.
La trasparenza dei concetti e la dizione essenziale si richiamano alla tradizione letteraria popolare, qualche cenno ripropone legami con la lirica antica greca, il motivo eros thanatos p.es. Ma principalmente gli otto versi esprimono l’inclinazione dell’autore alla percezione sensuale della vita, (bocca, lingua, denti, labbra; senso olfattivo, senso del gusto) privilegiando la sfera emozionale nella costituzione dell’essere uomo, i sentimenti all’intellettualità, il microcosmo quotidiano alla trascendenza macrocosmica.
Se è una poesia d’amore oppure una dichiarazione di fiducia panteistica nella vita neppure l’autore Marko Kravos (1943, Trieste) lo sa. (Marko Kravos)