Vincenzo Frungillo consiglia Biagio Cepollaro

Il piccolo e il grande (1923, 1997)

(tra Carlo, il padre e Carlo, il figlio)
il piccolo chiede perché c’è buio e perché
luce
il grande risponde che la terra tutti noi giriamo
e lentamente

girando
viene buio e luce e poi luce e buio
che non scompare che ogni cosa luminosa ritorna
e varia

più cupa più pioggia e anche
allarme
dell’auto taglia notte e tuono
chiede abbraccio

poi infermiere strattonarono il corpo in una deposizione
senza pietà

mento penzolante
sul petto

pigiama
freschissimo

in fretta senza riguardo che proprio a loro
toccava il turno
dell’ora più calda di giugno in fretta a sistemare
il morto
a raccogliere lenzuola e fasce
da bruciare
altrove

non bisognerebbe chiedere alle cose
di parlare tra loro: sono lì
a graffiare per solo attimo il cielo e l’insieme
non dice più
delle linee della mano: foglia erba tronco tromba
d’aria

prima gli disse che poteva chiudere
in pace
il conto
che buono era stato
il passaggio

visto da fuori c’era stato di tutto
per una vita
media degli anni
sessanta
dall’ebete
giovinezza alle bombe
il paese fatto colonia comprato prima con pane
di grano e poi in sviluppo e progressione
con frigorifero ascensore auto
e televisione

la storia è cornice troppo grande
e sfilacciata l’omino neanche si vede
nel paesaggio e poi la cornice non è
che un altro quadro l’unico che c’è
fermo
sulla parete
il resto tutto il resto è apparso e sparso

però
che vuol dire visto
da fuori e media vita
non c’è fuori che tiene ma qualcosa uno
deve pur dire
nell’ultimo commiato: ti sei fatto già piccolo sei già
labile
ricordo
te ne vai
al tuo minimo termine
che un altro
anno
non avrebbe cambiato ma lui diversa
se l’era immaginata
non così oppressa da minuzie la credeva
solenne e per sola volta
immune

non bisognerebbe chiedere alle cose
di arredare le nostre attese e anzi
non bisognerebbe attendersi niente
dalle cose (calcolando le orbite
delle comete quando vaganti
montagne e città e le infinite
interazioni le magnetiche
passioni della terra)

se anche ora volesse leggergliela lei non avrebbe tempo
e riposo non avrebbe aria
libera
è così difficile pane guadagnarsi quotidiano o è un’altra
l’ansia
del tutto pieno
prende contegno il panico una misura e forse
sarà davvero sbucata su di una via
più sua
lui neanche ci prova
ora che tra i due interpone
un grande
vuoto

non bisognerebbe chiedere alle cose
di restare
né puntare ogni porta
che si apre
non bisognerebbe stare dove nulla
è stato
non è monumento: ecco è questa
la vecchia
abitudine della pietra
ad insistere
con pietra e carta, appunto,
si tratta solo di un momento

intanto
si sente uno che è scampato
col suo panino in sorte buona o saggia
ma poi non è importante che sappia
(non arriva mai
diretta
la vicinanza)

solo che è strano: è come essere ai lati
opposti
della terra
ognuno con ciò che chiama

buio
ognuno con ciò che chiama

luce.

1999

Biagio Cepollaro (Napoli, 1959), da Versi nuovi (1998-2001) (Oèdipus edizioni, 2004)

Biagio Cepollaro è tra i pochi autori italiani che riesce a combinare con estrema, apparente, semplicità riflessione filosofica e poesia. Il testo “Il piccolo e il grande” parte dalla visione di un padre morente in un letto d’ospedale, e da quest’episodio tragico, unico nella vita di ogni essere umano, nasce la riflessione sul macrocosmo. Ecco allora che il piccolo e il grande indicano da una parte il rapporto padre-figlio, ma anche il legame tra le leggi che regolano il macrocosmo e il microcosmo, l’esplicazione delle leggi gravitazionale tra i pianeti, il destino dei corpi nella Storia. La poesia diventa riflessione universale sul destino del cosmo (del mondo). Il dettato della poesia, quasi un parlato che si affida più al ritmo del respiro che ad una struttura metrica prestabilita, è affidata a due voci, con la messa in rilievo del controcanto attraverso il corsivo. All’oggettività degli eventi si contrappone la riflessione sottovoce del poeta. Ancora una coppia di opposti che si includono. (Vincenzo Frungillo, 15,02,2014)

 


One Comment on “Vincenzo Frungillo consiglia Biagio Cepollaro”

  1. chiaverininadia ha detto:

    bellissimo testo in cui ho ritrovato una straordinaria analogia di intenti e di sensibilità nella riflessione poetica sul senso della vita e sul rapporto tra generazioni


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