Giacomo Vit consiglia Valerio Magrelli

Giungla d’asfalto

Vagano nella notte
vasti gli autobus,
anime in pena,
scrigni di luce pallida,
tremanti, vuoti, utili
soltanto a chi è lontano,
avanti e indietro
sempre legati a una linea
di dolore
e lasciano salire ad ogni sosta
un sospiro
che sembra una preghiera.

Valerio Magrelli (Roma, 1957), da Nature e venature (Mondadori, 1987)

 

La poesia diventa “magica” quando descrive un oggetto e lo trasforma in qualcosa di diverso, al punto di apparirci nuovo, come se si vedesse per la prima volta. Ecco allora che gli autobus non sono più gli usuali mezzi di trasporto che incontriamo tutti i giorni, ma diventano “scrigni di luce pallida”, “anime in pena”, e sono “tremanti”… Diventano metafore, simboli di qualcos’altro, forse il destino dell’uomo, fatto di partenze, fermate intermedie e capolinea…
Il testo è ricco di figure retoriche, e quel che colpisce il lettore (provate a leggere ad esempio gli ultimi quattro versi ad alta voce) è la rete sonora che lo impreziosisce, attraverso allitterazioni e rime di vario tipo, che ognuno potrebbe divertirsi a individuare. (Giacomo Vit)


Giovanna Frene consiglia Marco Giovenale

Le feritoie (duomo, Alba) loro
segnano: mattina.
Agli stalli (al coro) sono
gli intarsi arancio
e di piazze vuote e di fontane; rive e frutta
sono altre
meridiane – mute. Donne
dominate dai
grani che falciano
loro

 

 
Marco Giovenale (Roma, 1969), da Delvaux (Oèdipus 2013)

All’interno della raccolta Delvaux – pubblicata da Marco Giovenale sapendo di avere la testa già fuori del Novecento, e dunque intenzionalmente “come in una data forma” novecentesca, quella stilisticamente propria del poeta – spiccano una serie di poesie incentrate sull’emblema, rappresentazione che di per sé reduplica quello che è la caratteristica maggiore del poeta: la descrizione. La modalità assertiva di questo testo, che appartiene più alla percezione che non all’espressione di ciò che si vede (ne siano esempio per tutto il testo i versi 1-2, che in una successione di giustapposizioni indicano luogo, edificio, parti dell’edificio – queste ultime non a caso reduplicate nel pronome “loro” –, ora del giorno – anche qui reduplicata come meridiana e come cronologia), si arricchisce appunto della valenza dell’emblematicità: il corpo della cattedrale è esso stesso oggetto ed emblema, ossia viene descritto e contiene descrizioni, come gli intarsi del coro rappresentanti piazze e fontane di un altro tempo ormai muto, o come le figurine delle donne oranti, al suo interno, dominate in circolo da ciò che esse stesse scongiurano (la morte), ma allo stesso tempo statici emblemi di antichi lavori nelle vetrate medievali. (Giovanna Frene)