Guarda su questa carrozza in movimento

Guarda su questa carrozza in movimento
le facce chiuse nel sonno,
le mani incrociate, le tempie sudate,
l’oro vivo di quel bambino napoletano,
il controllore che mi restituisce il mio dialetto,
mia famiglia, mia terra mi viene incontro.
Quanto è duro vegliare il mio vagone,
fare attenzione alla solitudine di un vecchio
l’impazienza del guaglione senza pace
il saluto del padre al figlio risvegliato,
quei ragazzi stremati dalla vacanza riminese.
Che paura quando una galleria ci prende
azzera gli occhi allontana le parole,
ma che gioia, che respiro di sollievo,
la luce, rivedervi tutti.
Daniele Mencarelli (Roma, 1974), da Bambino Gesù (Nottetempo, 2010)


Ancora siano i segni

Ancora siano i segni sulle rocce
a dischiudere il tempo
profili di guerrieri e bisonti
in corsa, sotto un piccolo sole
in forma di stella

ansanti
per chilometri brillanti di pioggia
profili di automobilisti e tir
sommersi da onde radio

vibra
un dolmen poco lontano
con forza immobile
convoca mani e rami
Tre pietre
– minima famiglia sfuggita al diluvio –
in silenzio guardarle nella notte
accostando l’orecchio al tronco dell’ulivo
sentirsi roccia linfa voce
arca approdata e fusa in terra

Ancora siano i segni sulle pagine
a traghettare il tempo: lontanissimi
lembi di cielo pulsanti sulle onde
inondano lo schermo, si raggiungono

Dammi parole dunque, e segni
piangi sulla mia spalla, o ridi
offrimi le scene della gioia
incontrami

prima che si diradi la foresta
prima che accada il nero errore
prima dell’ultima risata
(la ruota della terra
è il suo continuo ridere, convulso)
Annamaria Ferramosca, da Curve di livello  (Marsilio, 2006)